INDIA: CONTAGI GIU’ MA QUASI PRIMATO

Scende il tasso di contagi in India, tuttavia la difficoltà dei controlli su campioni significativi della popolazione e l’impossibilità di applicare chiusure totali date le necessità economiche e occupazionali alimentano ancora significativamente l’epidemia.

Se la diffusione del Covid-19 ha visto un rallentamento sensibile dai massimi di settembre attestandosi su una media inferiore ai 75mila, l’India si avvicina a un testa a testa con gli Stati Uniti (ora a 7,8 milioni di casi) per il primo posto nella poco lusinghiera classifica dei contagi dopo avere superato sabato 10 ottobre i sette milioni complessivi. Se simile è al momento il numero di decessi quotidiani (attorno ai mille, per l’India in calo, per gli Usa in risalita) a favore del paese asiatico resta un numero di morti che è circa la metà (108mila) di quello statunitense.

Dato spesso sottovalutato all’estero – con gli stessi limiti di individuazione, estensione e parametri di riferimento di quello dei contagi e dei decessi – cresce in India anche il tasso di recupero, con oltre sei milioni di guariti. Pur se con intensità inferiore al mese scorso quando si è avuto il picco dei contagi, l’utilizzo dei test di positività ha coinvolto finora 90 milioni di indiani.

L’India sta anche predisponendo una propria campagna di vaccinazioni, centrata in parte su produzione locale e in parte su acquisizioni dall’estero, ma al momento punta anzitutto sulla prevenzione. “Dobbiamo lavorare in modo aggressivo per assicurarci che durante i mesi invernali e durante le festività natalizie i casi di coronavirus non aumentino drasticamente”, ha affermato il dottor Randeep Guleria, consulente sanitario del governo. Una preoccupazione sollecitata anche dall’avvicinarsi delle varie ricorrenze legate, nella seconda metà del mese, alla festività del Dussehra, tra le più partecipate del calendario indiano.

Stefano Vecchia

SUNITA NARAIN: CHE COSA INSEGNA LA PANDEMIA

L’India ha una lunga tradizione di impegno ecologista e nel tempo ha espresso personalità e indirizzi di intervento non solo originali ma anche efficaci, in un paese che ha vissuto gravi crisi ambientali ed è sottoposto costantemente ai rischi della natura e delle attività umane. Su questa linea, ma con un’apertura alle possibilità offerte dalla tecnologia, si pone Sunita Narain, direttrice del Centre for Science and Environment di Delhi e tra le maggiori sostenitrici dello sviluppo eco-compatibile. In questi giorni ha espresso sulla pubblicazione Down to Earth alcuni concetti di sicuro interesse generale.

“La pandemia da Covid-19 è il risultato del progressivo peggioramento del rapporto distopico con la natura. È anche il risultato di anni perduti che avremmo potuto investire nella salute pubblica e nella costruzione di una società più giusta dove i poveri non siano colpiti doppiamente, ma è lo stesso per i cambiamenti climatici e ogni altra questione che oggi ci sfida”.

“Troppo tempo è andato perso negando la realtà e non attivando una risposta complessiva e condivisa adeguata alla scala della crisi ambientale e ora il tempo è diventato una risorsa non solo indispensabile ma probabilmente insufficiente. Tutto questo, va detto con chiarezza, è soltanto l’inizio. Proprio mentre scrivo, i poveri del mondo – nel mondo ricco o emergente – sono coloro che soffrono maggiormente dato che già vivono al limite della sopravvivenza. Ci troviamo quindi nel peggiore dei tempi ma, come continuo a ripetere, la pandemia in corso e i cambiamenti climatici ci insegnano che noi siamo contemporaneamente nella posizione più forte e più debole per affrontarla”.

“Non possiamo negare o coprire il problema: le crisi che si moltiplicano renderanno il mondo più insicuro, spingeranno i governi ad essere più autoritari e intolleranti. Esiste anche un confine sottile tra quello che i governi considerano denunce non richieste e quelle che ritengono non necessarie in un crisi nazionale, con la sollecitazione all’autocensura per non indebolire l’impegno delle autorità! Questo però non possiamo farlo. Abbiamo bisogno di più informazione, non meno. Abbiamo anche bisogno di sapere che cosa sta succedendo sul campo in modo da potere meglio indirizzare le nostre azioni così da non fare errori o non ripeterli. Ricordiamo sempre che quella da Covid-19 è oggi una pandemia globale perché gli scienziati in Cina e nell’Oms non hanno avuto il coraggio di dire la verità. Renderci tutti accondiscendenti verso le decisioni del potere non farà scomparire il problema, inasprirà invece le molte crisi che non saremo in grado di affrontare”.

Stefano Vecchia