GIAPPONE: ANCHE IL MITO CONTRO IL CONTAGIO

Dovendosi confrontare con sfide eccezionali, il Giappone – secondo la sua tradizione shintoista arcipelago creato dagli dei – ricorre ancora al suo cuore ancestrale. Come l’apparizione del mitico pesce-gatto Namazu annuncerebbe eventi catastrofici, alla diffusione in corso del Covid-19 è connessa l’apparizione di un essere sovrannaturale, l’Amabie, una specie di tritone se lo riportiamo a immagini a noi più familiari, che emerge dal mare per annunciare o accompagnare un’epidemia.

Una serie di avvistamenti si sarebbe succeduta nei secoli, ma le prime immagini dell’essere metà uomo, metà pesce, con i lunghi capelli, il becco e un corpo ricoperto di squame arriverebbero da riproduzioni del XIX secolo di precedenti incisioni. L’unica relazione di un incontro ravvicinato con la creatura è quella di un funzionario governativo e sarebbe avvenuta presso le coste dell’isola di Kyushu. Datato dalla biblioteca dell’Università di Kyoto come risalente all’aprile 1846, il breve rapporto include una illustrazione e la descrizione dell’essere, accompagnate dalla sua profezia di sei anni di buoni raccolti come pure di una incombente minaccia di epidemia che la diffusione della sua immagine avrebbe contribuito a limitare.

La situazione attuale ha riportato alla mente la memoria dell’Amabie e si sono moltiplicate ovunque, su stampa, online o in forme artistiche e artigianali, persino in siti web ufficiali, le raffigurazioni fantasiose ma benevole di questo essere. Un altro esempio di come il mito e il mistero siano sempre prossimi alla realtà dei giapponesi, alimentando a volte timori ancestrali ma fornendo anche conforto e risposte davanti ad eventi terrificanti o inspiegabili.

Stefano Vecchia

GIAPPONE: QUASI AZZERATO IL TURISMO RECORD

Pesantissimo il calo dei visitatori in Giappone. Il -93 per cento di marzo rispetto a 12 mesi prima segna il dato peggiore dal 1964 e numericamente indica che solo 193.700 stranieri sono entrati nel Paese del Sol levante, in calo per il sesto mese consecutivo. Con scali portuali e aeroportuali ancora parzialmente aperti, anche se con controlli rigidi e quarantena applicata alla maggior parte degli arrivi, il bando all’ingresso nell’arcipelago riguarda ora i cittadini di 73 paesi e regioni, inclusi gli Stati Uniti da cui il mese scorso era arrivato il maggior numero di visitatori, 23mila.

Quasi totale lo stop degli arrivi da Repubblica popolare cinese, Taiwan e Corea del Sud che avevano alimentato negli ultimi anni un’espansione dell’industria turistica cresciuta – per quanto riguarda la platea internazionale – del 263 per cento tra il 2010 e il 2018 arrivando a 31,2 milioni di visitatori con l’aspettativa ormai fallita di arrivare in quest’anno olimpico a 40 milioni.

In vista di ospitare più di 15mila atleti per le Olimpiadi e Paralimpiadi 2020 ora rinviate al 2021, le terze più costose della storia con un bilancio di 25 miliardi di dollari, le autorità avevano promosso il turismo con incentivi e con un’apertura dei visti per molti paesi. L’arcipelago era stato così invaso pacificamente fino allo scorso febbraio da milioni di visitatori che avevano avuto modo di conoscere una realtà ben diversa da quella del 1964, quando il Giappone, per la prima volta sede olimpica, aveva appena iniziato a porsi in concorrenza con i paesi più avanzati.

Stefano Vecchia

GIAPPONE: RICORDARE FUKUSHIMA IN TEMPO DI PANDEMIA

A oltre nove anni dalla doppia catastrofe naturale terremoto-tsunami che attivò la peggiore crisi nucleare in Giappone e la seconda come gravità al mondo dopo quella di Chernobyl, ricordare Fukushima può sembrare retorico, oppure consolatorio. Nessun rapporto, nessuna parallelo possibile, ma allo stesso tempo le due crisi finiscono per intrecciarsi.

Il Giappone ha pagato pesantemente in termini di vittime (18mila) per l’immane disastro dell’11 marzo 2011, e in termini economici (300 miliardi di dollari) sia per la ricostruzione sia, ancora, per il sostanziale blocco del suo sistema energetico nucleare dopo l’avaria dei reattori della centrale numero 1 di Fukushima.

Da anni il paese aveva posto nelle Olimpiadi della prossima estate, ora spostate al 2021, le speranza di vedere esorcizzata quella catena di eventi e di lasciarsela alle spalle. Avviando così una nuova fase, libera dall’incubo nucleare nato con la devastante esperienza dei bombardamenti atomici di Hiroshima e Nagasaki il 6 e il 9 agosto 1945 e rilanciata dalla fusione delle barre di combustibile atomico nei reattori di Fukushima dove il contenimento delle radiazioni prosegue con costi e rischi altrettanto elevati.

Invece, l’aggressione del coronavirus ha modificato tutto questo, ha stoppato una crescita che sembrava inarrestabile del turismo che in un quinquennio si era incrementato fino a ipotizzare i 40 milioni di visitatori per l’anno in corso, ha aggiunto a una paura profonda, senza pari nell’era moderna ma ormai nota, con una più atavica perché invisibile e straniera.

Dal 7 aprile il Giappone ha avviato la fase del contrasto nazionale alla diffusione del Covid-19 e con ogni probabilità nei prossimi giorni e settimane si dovrà muovere sul percorso ormai noto di distanziamento sociale e ridimensionamento produttivo. Saprà probabilmente farlo con impegno e in modo ordinato, con lo spirito di sacrificio e l’efficienza che sono tratti distintivi dei giapponesi. Le certezze con cui il Giappone affronterà l’accumularsi delle sue crisi potranno segnare il confine tra una crisi da superare, per quanto difficile o dolorosa, o un nuovo incubo da integrare nella coscienza collettiva.

Stefano Vecchia

TOKYO CREDE ANCORA AI GIOCHI

Lo sbarco, ieri, della fiaccola olimpica a Tokyo è stato un ritorno atteso nel Paese del Sol Levante dopo 56 anni. Un evento altamente simbolico arrivato però in un tempo sfavorevole allo sport e alla socializzazione.

A febbraio il turismo in Giappone ha registrato il 58,3 per cento in meno rispetto a un anno prima, segnale che l’obiettivo dei 40 milioni di arrivi nell’anno olimpico è ormai lontano e che il settore, che negli ultimi cinque anni aveva quintuplicato le presenze straniere con un boom eccezionale è avviato a una crisi significativa come tutto l’indotto.

Ovviamente è anzitutto il risultato dell’epidemia di Covid-19 in corso, anche se la frenata dell’economia cinese e le ripercussioni regionali e globali delle tensioni tra Pechino e Washington avevano iniziato da mesi a limitare un flusso che sembrava inarrestabile.

Pochi giorni fa l’ex premier Taro Aso, parlamentare e influente esponente del Partito liberal-democratico aveva parlato di Olimpiadi ormai “segnate”, ma il governo di Tokyo ha oggi confermato la volontà di proseguire nel percorso olimpico. Non senza resistenze crescenti, quelle più esplicite di Stati Uniti, Regno Unito, Norvegia e Brasile che hanno chiesto il rinvio, ma le richieste si moltiplicano anche da parte di paesi-membri del Comitato olimpico internazionale (Cio) e di atleti.

Il presidente del Cio, Thomas Bach, ha parlato di una decisione “prematura” se si cancellassero o rinviassero ora le gare ma ha ammesso che il comitato sta “considerando scenari diversi” davanti alla pandemia. Ogni decisione sarà comunque presa in accordo con l’Organizzazione mondiale della Sanità. Insomma, porte ancora aperte per i Giochi olimpici di Tokyo dal 24 luglio al 9 agosto e quelli paralimpici dal 25 agosto al 6 settembre, tuttavia l’ultimatum inviato dal Comitato olimpico francese a quello giapponese con l’indicazione del 31 maggio per una decisione definitiva sullo svolgimento sembra di giorno in giorno meno arbitrario. In gioco non è solo l’immagine del paese, ma anche tra 0,7 e 1,5 per cento del Prodotto interno lordo per l’anno in corso.

Stefano Vecchia