ASIA: IL CIBO TRA LE PRIORITÀ NELLA PANDEMIA

Sull’Asia che cerca di guardare oltre la pandemia in corso, pende un’emergenza alimentare. In aree di agricoltura più produttiva, la difficoltà di trasportare i prodotti va via via restringendo scambi e mercati; in quelle ad agricoltura di sussistenza, il consumo per le necessità quotidiane di piante e sementi destinati alla produzione apre già a situazioni di fame. Un po’ ovunque nelle aree più evolute, crescono le difficoltà a rifornire mercati e centri commerciali, nonostante il rallentamento delle vendite dovuto a contingentamento, distanziamento sociale e redditi ridotti. Quasi ovunque, si sono alzate barriere all’esportazione di prodotti essenziali.

Nonostante i buoni raccolti degli ultimi anni, un prodotto come il riso si trova da tempo ai massimi, con il prezzo di riferimento più elevato dal 2013 e con l’India, impegnata a garantire cibo essenziale a 800 milioni di abitanti con pochi o senza mezzi, che ha chiuso le porte all’esportazione. In questa situazione, il Vietnam è visto come ago della bilancia per decidere le sorti di un mercato globale dove viene però trattato solo il 6 per cento della produzione risicola mondiale, con forti pressioni sui prezzi.

“I Paesi a reddito basso e medio contribuiscono per un terzo al commercio mondiale di cibo, ricevendone contributi importanti in reddito e benessere”, ha ricordato il capo economista della Fao, Maximo Torero Cullen. “Le catene distributive devono essere tenute aperte, in particolare per i più vulnerabili”, come i 300 milioni di bambini che nel mondo dipendono per il nutrimento essenziale dai pasti nelle mense scolastiche ora chiuse.

Stefano Vecchia

Come l’Asia affronta la pandemia

Focolaio primario della pandemia, l’Asia corre ai ripari con provvedimenti di urgenza isolando aree abitate oppure potenziando i sistemi sanitari e la coscientizzazione delle popolazioni. Tuttavia la preoccupazione è elevata, soprattutto per le realtà più afflitte da povertà, repressione politica o incompetenza. Diffuso è il timore che saranno le classi medie già falcidiate dalla crisi economica e i più poveri e indifesi a subire le conseguenze maggiori della pandemia.

I pochi casi ufficiali di contagio, da poche decine a qualche centinaio, con il numero massimo (900) in Malaysia accertati nei dieci paesi membri dell’Associazione delle nazioni del Sud-Est asiatico (Asean) che conta 630 milioni di abitanti, sembrano più frutto di sottovalutazione che di reale diffusione del Covid-19. Ovunque, ampie differenze di reddito e possibilità tra una esigua minoranza e la maggior parte degli abitanti, qui come altrove in Asia, non potranno che amplificare le conseguenze per i gruppi meno favoriti.

“Le problematiche abitative sono ora sulla linea del fronte contro la diffusione del coronavirus, avere una abitazione mai come ora può fare la differenza per la vita o la morte”. Con queste parole Leilani Farha, Inviato speciale delle Nazioni Unite per il diritto all’abitazione, ha sollecitato tutti i governi a prendere misure efficaci per evitare che altri vadano ad aggiungersi al gran numero di individui che vivono in condizioni abitative precarie (1,8 miliardi nel mondo) che li espongono ora maggiormente al contagio. A sua volta, un rapporto della United Nations Economic and Social Commission for Asia and the Pacific segnala con chiarezza i rischi di recessione in aree vulnerabili, al punto che la pandemia potrebbe più che raddoppiare il numero degli asiatici in povertà estrema (sotto 1,9 dollari al giorno) prima previsto in 56 milioni entro il 2030.

Si temono anche i rischi di involuzione democratica e la restrizione di diritti e libertà già ridotte o sotto pressione in diversi paesi. Non a caso, in una Hong Kong che registra un record di contagi di ritorno, in buona parte attribuibile al rientro di cittadini e stranieri dall’estero, il prolungato braccio di ferro tra democratici e governo locale (supportato da Pechino) è andato sottotraccia ma l’accademico e attivista Benni Tai parla dello stato di diritto attuale come di “un morto che cammina”. Altrove, come in Thailandia, Cambogia, Corea del Nord – la stessa Repubblica popolare cinese – a rischio sono anche regimi repressivi messi alla prova da un’emergenza che si associa alla recessione economica già in corso. Infine, crescono i timori delle minoranze religiose in realtà, come la Malaysia, il Myanmar o l’India, dove la crisi potrebbe incentivare xenofobia e suprematismo a base religiosa.

Stefano Vecchia

Asia: Emergenza coronavirus 19.03

AUSTRALIA e NUOVA ZELANDA sono gli ultimi tra i molti paesi che hanno chiuso l’ingresso ai non residenti.

GIAPPONE e THAILANDIA, tra gli altri, hanno invece imposto la quarantena all’arrivo.

GIAPPONE. Si alza di livello e ormai ha raggiunto i vertici politici, sollecitati anche dall’estero, il dibattito sul rinvio o la sospensione delle Olimpiadi e Parolimpiadi di luglio-agosto.

FILIPPINE. Prosegue la messa in sostanziale quarantena di metà della popolazione. Il governo giapponese ha deciso l’invio di 100mila kit per testare la presenza del coronavirus.

CINA e HONG KONG affrontano un crescente numero di casi importati dall’estero, in maggioranza cinesi di ritorno, 34 per la prima. Si parla di “seconda ondata” del contagio, peraltro prevista in casi di pandemia.

COREA DEL SUD. Crescono i mini-focolai (ad esempio in case di riposo o comunità religiose) con un rialzo nel numero dei contagi quotidiani dopo alcuni giorni di stasi.

GLOBALMENTE salgono a 17mila miliardi le perdite borsistiche e, con le nuove iniziative di quantitative easing della Banca centrale europea, a 1.900 miliardi i provvedimenti anti-crisi economica attivati finora nel mondo.

INDONESIA. Alle prese con la richiesta frenetica di provvedimenti di contenimento del contagio e di test, ma con 270 milioni di abitanti e strutture sanitarie già inadeguate, è ora uno dei paesi a maggior rischio e, con 19 decessi, quello finora più interessato da casi letali nell’Asia sudorientale.

MALAYSIA. La federazione si conferma il paese con finora il più alto numero di contagi del Sud-Est asiatico, 900.

VIETNAM. Avviato un piano di contenimento della mobilità, a partire dalla capitale Hanoi.

Stefano Vecchia