COREE: 70 ANNI DI PACE ARMATA

Oggi è il 70° anniversario dell’inizio della Guerra di Corea, ma tutto questo tempo non è bastato per portare una vera pace nella Penisola coreana, divisa da una Zona smilitarizzata invalicabile ma non da un confine riconosciuto. Il regime nordcoreano continua a cercare sostegno finanziario e riconoscimento internazionale utilizzando la memoria dei due milioni e mezzo di caduti nei tre anni del conflitto e il costante sviluppo della tecnologia nucleare e missilistica. Il Sud cerca una soluzione che possa favorire sviluppo condiviso e pace duratura ma non può ignorare la costante minaccia del Nord, le diversità di regimi, ideologie e stili di vita e il disinteresse crescente verso una Corea unificata.

A bloccare la riconciliazione, la pace e l’unificazione sono anzitutto le strategie delle grandi potenze: la Cina e l’Unione Sovietica un tempo (la Russia ha oggi un ruolo più defilato) da un lato, dall’altro gli Stati Uniti. In secondo luogo sono i contrasti tra gli Usa e la Repubblica democratica popolare di Corea entrambi impegnati a raggiungere i rispettivi obiettivi. Paik Haksoon, presidente del Sejong Institute, think tank indipendente con base in Corea del Sud e tra i maggiori esperti dei rapporti inter-coreani, segnala un terzo elemento: “la rivalità tra due realtà coreane che vorrebbero ciascuna unificare l’intera Corea secondo le proprie condizioni ha sempre limitato fortemente la cooperazione che avrebbe aperto le porte all’unificazione”.

Le tensioni che anche nei giorni scorsi hanno accompagnato l’avvicinarsi dell’anniversario e una schiarita improvvisa a ridosso del 25 giugno hanno segnalato che nulla è perduto ma molto resta da fare, mentre il tempo scorre. Resta difficile decifrare la realtà del Nord, ma è significativa la situazione del Sud dove, sottolinea Paik Haksoon, “la guerra è ricordata con varia intensità secondo l’età e le esperienze. In altre parole, coloro che furono testimoni del conflitto hanno ancora una vive memoria delle atrocità, ma le nuove generazioni ne vengono a conoscenza dai libri di storia. I giovani vorrebbero vedere una situazione più distesa tra i due Paesi ma tendono a opporsi all’uso di troppe risorse per raggiungere questo obiettivo e sono più interessati al benessere offerto dalla patria sudcoreana”.

Stefano Vecchia

IL CIGNO VERDE INTERPELLA LA COREA DEL SUD

Meno noto e soprattutto meno riconosciuto del “cigno nero”, ovvero un evento connesso a una contingenza economica grave e imprevista, “cigno verde” si riferisce – secondo la definizione data lo scorso gennaio dalla Banca dei regolamenti internazionali – a una crisi finanziaria derivante da eventi ambientali al di fuori di ogni previsione.

“Il modificarsi del clima pone nuove sfide alle banche centrali, ai regolatori e ai supervisori finanziari – segnalava l’istituzione -. Integrare la analisi sui rischi connessi al clima all’interno dei controlli sulla stabilità finanziaria è particolarmente difficile a causa dell’incertezza estrema connessa con fenomeni fisici, sociali ed economici che sono in costante cambiamento e coinvolgono dinamiche complesse e reazioni a catena”. Fenomeni che, inoltre non possono essere gestiti dalle sole istituzioni bancarie o finanziarie, ma richiedono l’intervento coordinato dagli istituti di credito nazionali, dei governi, del settore privato, della società civile e della comunità internazionale.

Non un tema nuovo, quello dell’influsso del clima su un sistema economico globale già in evoluzione e sottoposto a forti sfide, ma che chiama ad azioni concrete e diffuse. In questa prospettiva la Banca di Corea ha deciso di fare la prime mosse, istituendo un ufficio studi specializzato sull’impatto del clima su macroeconomia e stabilità finanziaria. Lo scorso dicembre, il gruppo finanziario Shinhan è stato il primo in Corea del Sud a programmare iniziative per contrastare i cambiamenti climatici in adesione all’Accordo di Parigi. Dopo l’emissione a luglio 2019 di bond “verdi” ed eco-sostenibili per 500 milioni di dollari, l’azienda ha indicato di voler contribuire a tagliare le emissioni di gas effetto-serra del 20 per cento entro il 2030 attraverso investimenti in imprese eco-compatibili. Nel paese asiatico altri stanno seguendo con iniziative diverse, a partire dal gruppo finanziario KB.

Stefano Vecchia

COREA DEL SUD: CONTAGIATA PURE LA CULTURA

La realtà culturale sudcoreana, oltre che originale per le sue caratteristiche locali e anche per gli interessanti connubi con le esperienze internazionali, in grado di porsi in aperta competizione attraverso le varie espressioni della sua cultura popolare (come il K-pop) con le tendenze globali più seguite, è anche assai varia. Inevitabilmente, l’epidemia in corso di Covid-19 che ha provocato ad oggi nel paese estremo-orientale 9.976 casi di contagio e 169 decessi, pesa sensibilmente anche sull’ambito culturale e ancor più è previsto che lo farà nei prossimi mesi.

Sono molte le manifestazioni artistiche di vario genere – concerti, performance teatrali, mostre – cancellate o in via di cancellazione, con una forte ricaduta finanziaria e di immagine. La Federazione delle Organizzazioni artistiche e culturali della Corea, iniziativa privata che ha chiamato il governo a un intervento urgente, ha calcolato in 2.511 gli eventi cancellati o sospesi tra gennaio e aprile, con una perdita finanziaria stimata in 52,3 miliardi di won (circa 39 milioni di euro).

Preoccupanti le conseguenze sull’attività e sulle finanze degli artisti. L’89 per cento di quelli coinvolti nell’indagine alla base di un recente rapporto della Federazione, ha avuto o avrà un forte calo di reddito.

Stefano Vecchia