TOKYO CREDE ANCORA AI GIOCHI

Lo sbarco, ieri, della fiaccola olimpica a Tokyo è stato un ritorno atteso nel Paese del Sol Levante dopo 56 anni. Un evento altamente simbolico arrivato però in un tempo sfavorevole allo sport e alla socializzazione.

A febbraio il turismo in Giappone ha registrato il 58,3 per cento in meno rispetto a un anno prima, segnale che l’obiettivo dei 40 milioni di arrivi nell’anno olimpico è ormai lontano e che il settore, che negli ultimi cinque anni aveva quintuplicato le presenze straniere con un boom eccezionale è avviato a una crisi significativa come tutto l’indotto.

Ovviamente è anzitutto il risultato dell’epidemia di Covid-19 in corso, anche se la frenata dell’economia cinese e le ripercussioni regionali e globali delle tensioni tra Pechino e Washington avevano iniziato da mesi a limitare un flusso che sembrava inarrestabile.

Pochi giorni fa l’ex premier Taro Aso, parlamentare e influente esponente del Partito liberal-democratico aveva parlato di Olimpiadi ormai “segnate”, ma il governo di Tokyo ha oggi confermato la volontà di proseguire nel percorso olimpico. Non senza resistenze crescenti, quelle più esplicite di Stati Uniti, Regno Unito, Norvegia e Brasile che hanno chiesto il rinvio, ma le richieste si moltiplicano anche da parte di paesi-membri del Comitato olimpico internazionale (Cio) e di atleti.

Il presidente del Cio, Thomas Bach, ha parlato di una decisione “prematura” se si cancellassero o rinviassero ora le gare ma ha ammesso che il comitato sta “considerando scenari diversi” davanti alla pandemia. Ogni decisione sarà comunque presa in accordo con l’Organizzazione mondiale della Sanità. Insomma, porte ancora aperte per i Giochi olimpici di Tokyo dal 24 luglio al 9 agosto e quelli paralimpici dal 25 agosto al 6 settembre, tuttavia l’ultimatum inviato dal Comitato olimpico francese a quello giapponese con l’indicazione del 31 maggio per una decisione definitiva sullo svolgimento sembra di giorno in giorno meno arbitrario. In gioco non è solo l’immagine del paese, ma anche tra 0,7 e 1,5 per cento del Prodotto interno lordo per l’anno in corso.

Stefano Vecchia